La Corte Costituzionale con la pronuncia n. 156 del 2020 ha mutato indirizzo rispetto alla sentenza n. 207 del 2017, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale – inserito dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67» – nella parte in cui non consente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ai reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva.
La sentenza n. 207 del 2017 aveva già rilevato l’«anomalia» della comminatoria per la ricettazione di particolare tenuità, in ragione dell’inconsueta ampiezza dell’intervallo tra minimo e massimo di pena detentiva (da quindici giorni a sei anni di reclusione), della larga sovrapposizione con la cornice edittale della fattispecie non attenuata (da due anni a otto anni), nonché dell’asimmetria scalare tra gli estremi del compasso, giacché «mentre il massimo di sei anni, rispetto agli otto anni della fattispecie non attenuata, costituisce una diminuzione particolarmente contenuta (meno di un terzo), al contrario il minimo di quindici giorni, rispetto ai due anni della fattispecie non attenuata, costituisce una diminuzione enorme».
La citata sentenza aveva osservato che, «se si fa riferimento alla pena minima di quindici giorni di
reclusione, prevista per la ricettazione di particolare tenuità, non è difficile immaginare casi concreti in cui rispetto a tale fattispecie potrebbe operare utilmente la causa di non punibilità (impedita dalla comminatoria di sei anni), specie se si considera che, invece, per reati (come, ad esempio, il furto o la truffa) che di tale causa consentono l’applicazione, è prevista la pena minima, non particolarmente lieve, di sei mesi di reclusione», cioè una pena che, «secondo la valutazione del legislatore, dovrebbe essere indicativa di fatti di ben maggiore offensività»: per ovviare all’incongruenza – si è aggiunto –, «oltre alla pena massima edittale, al di sopra della quale la causa di non punibilità non possa operare, potrebbe prevedersi anche una pena minima, al di sotto della quale i fatti possano comunque essere considerati di particolare tenuità».
Quindi la Corte aveva ammonito il legislatore a farsene carico, «per evitare il protrarsi di trattamenti
penali generalmente avvertiti come iniqui».
Pertanto, non avendo il legislatore dato seguito a tale monito – pur essendo recentemente intervenuto sul testo dell’art. 131-bis cod. pen. per aggiungere, nel secondo comma, un’ipotesi tipica di esclusione della particolare tenuità, ove si proceda per delitti puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive ovvero per violenza, minaccia, resistenza od oltraggio commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (art. 16, comma 1, lettera b, del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante «Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica», convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2019, n. 77) – ha imposto alla Corte Costituzionale di intervenire con il diverso strumento della declaratoria di illegittimità costituzionale, nei termini seguenti.
La «particolare tenuità del fatto» di cui all’art. 648, secondo comma, cod. pen. integra una
circostanza attenuante rientrante nel novero di quelle cosiddette indefinite o discrezionali (ancora sentenza n. 207 del 2017).
È acquisito invero che non si tratti dell’elemento costitutivo di un reato autonomo rispetto alla
ricettazione-base di cui all’art. 648, primo comma, cod. pen., bensì di una circostanza attenuante speciale (tra le tante, Corte di cassazione, sezione seconda penale, sentenze 24 marzo 2017, n. 14767, 25 gennaio 2013, n. 4032, 26 maggio 2011, n. 21010, e 14 ottobre 2008, n. 38803).
3.3.– In linea astratta, dunque, per effetto del quinto comma dell’art. 131-bis cod. pen., la particolare tenuità del fatto quale attenuante della ricettazione, come definita dall’art. 648, secondo comma, cod. pen., potrebbe concorrere a integrare l’esimente di cui al medesimo art. 131-bis, qualora, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., l’offesa sia di particolare tenuità e il comportamento risulti non abituale.
3.3.1.– Viceversa, per effetto del quarto comma dell’art. 131-bis cod. pen., che attribuisce rilevanza alle circostanze speciali quoad poenam, detta causa di non punibilità non può trovare applicazione in rapporto alla ricettazione attenuata di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen., poiché questo fissa un massimo edittale di pena detentiva pari a sei anni di reclusione, quindi superiore al limite di cinque anni posto dalla norma esimente (Corte di cassazione, sezione seconda penale, sentenze 12 aprile 2019, n. 16083, e 12 maggio 2017, n. 23419).
3.4.– Aggiunto dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 28 del 2015, l’art. 131-bis cod. pen. segna il punto di arrivo di una linea di sviluppo avviata dall’art. 27 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), e proseguita dall’art. 34 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), i quali rispettivamente contemplano l’«irrilevanza del fatto» quale causa di improcedibilità nei confronti dell’imputato minorenne e la «particolare tenuità del fatto» quale causa di improcedibilità per i reati di competenza del giudice di pace.
3.4.1.– Nell’illustrare gli elementi differenziali fra tali istituti, pur nella loro comune ispirazione di
fondo, questa Corte ha rilevato che l’art. 131-bis cod. pen. «prevede una generale causa di esclusione della punibilità che si raccorda con l’altrettanto generale presupposto dell’offensività della condotta, requisito indispensabile per la sanzionabilità penale di qualsiasi condotta in violazione di legge» (sentenza n. 120 del 2019).
Per delineare questa esimente generale, il legislatore del 2015 ha «considerato i reati al di sotto di una soglia massima di gravità – quelli per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché quelli puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva – e ha tracciato una linea di demarcazione trasversale per escludere la punibilità – ma non l’illiceità penale – delle condotte che risultino, in concreto, avere un tasso di offensività marcatamente ridotto, quando appunto l’“offesa è di particolare tenuità”» (ancora sentenza n. 120 del 2019).
Si è invero precisato che «il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l’art. 131-bis cod. pen., è
comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per
riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la “rieducazione del condannato”, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione» (ordinanza n. 279 del 2017).
…omissis…
Ben potrà il legislatore, nell’esercizio della sua ampia discrezionalità in tema di estensione delle cause di non punibilità, fissare un minimo relativo di portata generale, al di sotto del quale l’applicazione dell’esimente di cui all’art. 131-bis cod. pen. non potrebbe essere preclusa dall’entità del massimo edittale.
Qui deve tuttavia censurarsi, alla luce dell’art. 3 Cost., l’intrinseca irragionevolezza della preclusione dell’applicazione dell’esimente di cui all’art. 131-bis cod. pen. per i reati – come la ricettazione di particolare tenuità – che lo stesso legislatore, attraverso l’omessa previsione di un minimo di pena detentiva e la conseguente operatività del minimo assoluto di cui all’art. 23, primo comma, cod. pen., ha mostrato di valutare in termini di potenziale minima offensività.
In conclusione, l’ipotesi di cui all’art. 131 bis c.p. sarà applicabile a tutti quei (rari) delitti che, pur superando il massimo edittale di 5 anni di reclusione, non abbiano un minimo edittale specifico stabilito dal Legislatore (con la locuzione “fino a...”, che corrisponde al minimo di 15 giorni ex art. 23 c.p.).