di Dario Piccioni
La sentenza in commento si segnala in quanto interviene sul tema, per alcuni aspetti inedito, della effettività della qualifica di direttore responsabile di testata in rapporto al reato proprio di omesso controllo, fattispecie di natura colposa prevista dall’art. 57 c.p.
In particolare, nel caso del quale si è occupata la Suprema Corte il giudice di appello aveva condannato per il reato in questione il direttore responsabile, riformando la sentenza di primo grado che, al contrario, lo aveva mandato assolto sul rilievo che questi, pochi giorni prima della pubblicazione dell’articolo oggetto dei capi di imputazione, aveva rassegnato le sue dimissioni, sebbene, tuttavia, non fosse stata rispettata la condizione richiesta dall’art. 6 della legge n. 47/1948, vale a dire senza la formalizzazione di una nuova nomina con dichiarazione depositata presso il registro della stampa istituito presso ogni tribunale.
La questione centrale, affrontata in modo evidentemente divergente dai giudici di merito, è stata oggetto di approfondimento da parte della Cassazione, che ha fornito la propria interpretazione regolatrice a partire dall’iter legislativo della fattispecie e fino alla sua morfologia, affermando la piena compatibilità della stessa col principio cardine della responsabilità penale personale (e colpevole). Infatti, se nella versione originaria dell’art. 57 c.p. la norma ricollegava il reato alla mera qualità di responsabile della pubblicazione, e dunque configurava una responsabilità da posizione, la successiva interpolazione (ad opera dell’art. 1 della legge n. 127/158) ha inteso ridisegnare la fattispecie in termini di violazione di una specifica regola di condotta costituita dal controllo dei contenuti della pubblicazione, che l’ha ricondotta al canone della responsabilità per fatto proprio. Perché si perfezioni il reato è dunque necessario un nesso tra la violazione di quel dovere e l’evento (il reato commesso a mezzo stampa), dovere che risponde all’esigenza che di ogni pubblicazione sia immediatamente identificabile un soggetto responsabile posto in posizione apicale che eserciti la direzione della testata e che, nel caso in cui lo stampato arrechi un danno, ne risponda. Infatti, se la libertà di informazione costituisce principio fondante uno stato democratico, e come tale è presidiata dalle più ampie guarentigie, la legge impone che l’esercizio di tale libertà sia soggetto a talune cautele come la previsione di una figura professionale gravata da doveri di controllo e di vigilanza sulle pubblicazioni, che delineano in capo ad essa una posizione di garanzia. Dalla rilevanza di tali funzioni discendono le particolari forme richieste, che rispondono ad evidenti esigenze di pubblicità nei confronti dei terzi.
Le particolari caratteristiche di tale figura e la natura della sua responsabilità, come sopra ricostruita spiegano il perché si ritiene che, nel caso in cui il direttore responsabile sia assente per ferie, si possa ritenere inesigibile, per il limitato periodo, l’obbligo di vigilanza e controllo, senza che si determini un abbandono effettivo della carica (cfr. Cass., V sezione, 28 ottobre 1997, n. 10496). Il ruolo rilevante riconosciuto in capo al direttore responsabile fa si che resti invece indifferente ogni vicenda relativa al rapporto che lega tale figura alla testata, ragione per cui si richiede l’adempimento dell’obbligo di aggiornamento nel registro di cui si è detto prima, ovvero la pubblicità della carica, avente natura costituiva, che assurge a vero e propria condizione del legittimo esercizio dell’attività giornalistica.
Alla luce di tali considerazioni si comprende la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza in esame, che ha escluso che le dimissioni del direttore responsabile, quando non trascritte nei termini di legge, possano avere rilievo ai fini dell’eventuale venir meno degli obblighi incombenti comunque sul direttore dimissionario, che trovano la loro fonte non tanto (o non solo) dal rapporto negoziale che lo lega all’editore quanto dalla legge. La posizione di garanzia incombente sul direttore, infatti, in questo caso subisce una sorta di prorogatio fino a che non si proceda ad una nuova formale designazione.
La soluzione prospettata non esclude ovviamente la verifica della esigibilità, da parte di colui che si ritiene rivestire la posizione di garanzia, del comportamento omesso (controllo sulla pubblicazione), che, conclude la sentenza in esame, configura una quaestio facti insuscettibile di sindacato da parte del giudice di legittimità, ove congruamente o logicamente motivata.
Download: Sentenza Cassazione penale, V sezione, 16 febbraio – 7 aprile 2021, n. 13069.