di Antonio Bevere
L’esito delle ultime elezioni e il governo guidato dalla destra estrema del nostro Parlamento, ci spingono a tornare sul tema di un articolo, pubblicato il 10 dicembre, da il Manifesto: il fascismo eterno. Questa provocazione fu proposta il 25 aprile 1995 da Umberto Eco, nel corso di una conferenza negli USA: il fascismo «può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti….nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo ».
L’ allarme di Eco, secondo lo storico Emilio Gentile, era derivato dalla formazione del governo Berlusconi nel 1994, sostenuto anche dal MSI-Alleanza Nazionale, che aveva riportato il 13,5, % dei voti, sebbene avesse fino ad allora rivendicato di essere erede e continuatore del regime fascista, tanto che Gianfranco Fini, in quell’occasione, definì Mussolini il più grande statista del secolo (Chi è fascista, Economica Laterza, 2019, 9) .
Nel 2022, la vittoria elettorale (26% dei voti) del partito FdI – continuazione di quello entrato nel governo Berlusconi – e la formazione di un governo guidato dalla segretaria Giorgia Meloni dovrebbero incrementare questo allarme. La tesi del ritorno del fascismo, sconfitto solo militarmente nel 1945, non è però condivisa dal Gentile: la tesi del fascismo eterno si basa sull’alterazione della storiografia (sull’astoriologia), che continuamente adatta il passato storico ai desideri, alle speranze, alla paure attuali (id. 4). «[…se oggi siamo di fronte al ritorno del fascismo, dobbiamo allora riconoscere che l’antifascismo non ha veramente debellato il fascismo nel 1945. Se così fosse, la celebrazione della festa della Liberazione sarebbe la celebrazione di un falso storico, perché nel 1945 l’antifascismo avrebbe vinto solo una battaglia contro il fascismo e non la guerra. Di conseguenza, dovremmo considerare la storia dell’Italia repubblicana e democratica negli ultimi sette decenni, soltanto una tregua in una perpetua guerra tra fascismo e antifascismo, scandita però da ripetuti ritorni del “fascismo eterno”, sia pure sotto le vesti più diverse ».
A nostro avviso, l’allarme sul ritorno del fascismo non è frutto di momentanea emozione collettiva, nata dai positivi risultati elettorali della destra reazionaria e diffusa da Umberto Eco. Non vanno sottovalutati i predecessori della tesi dell’eterno fascismo: Lelio Basso, nel 1945, rilevò il pericolo di un fascismo camuffato e mimetizzato sotto spoglie democratiche; Palmiro Togliatti, nel 1952, affermò che il fascismo è qualcosa di sempre presente, come pericolo e minaccia che sempre incombono su di noi (ivi, 11). Come abbiamo già rilevato, il termine fascista , inteso quale parte del tutto, può designare, a prescindere dagli squadristi mussoliniani, il militante di movimenti autoritari, basati sulla violenta intolleranza verso il dissenso, il militante del razzismo e dello schiavismo, lo sprezzante avversario dei poveri, il nemico incontrollabile dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
Per stabilire quindi se l’ansia del perdurare del fascismo eterno si basi su un’astoriologia bipartisan, in cui il passato storico venga, da un lato, adattato ai desideri dei movimenti reazionari del capitalismo violento, pronti a riformulare un regime esplicitamente autoritario; dall’altro, venga adattato alle paure del movimento progressista, consapevole della propria debolezza e del proprio isolamento rispetto alle masse che dovrebbe rappresentare e tutelare, occorre affrontare l’esame comparato del fascismo storico e di quello odierno; confrontarne le radici economiche, le modalità di acquisizione dei consensi, l’atteggiamento nei confronti dell’uguaglianza sostanziale, la solidarietà o il disprezzo verso gli ultimi e gli ultimissimi, la tolleranza o meno verso le organizzazioni politiche e sindacali di opposizione.
Sotto quest’ultimo profilo va rilevato che il fascismo mussoliniano ottenne riconoscimento e fiducia dalle forze economiche e governative e gli fu concesso potere dittatoriale grazie allo smantellamento e alla distruzione delle sedi socialiste e sindacali. Nessuno dimentica le squadre dei fascisti all’attacco delle camere del lavoro come pista di lancio del ventennio; nessuno dimentica l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, di cui è poi emerso il ruolo di accusatore in un grave caso di corruzione del regime ad opera di una compagnia petrolifera.
Il centenario del crimine ricorrerà il 14 giugno 2024 e consentirà illuminanti rievocazioni.
Le lampanti differenze della criminalità politica del passato non possono comunque attenuare la rilevanza dell’assalto, avvenuto il 9 ottobre 2021, contro la sede nazionale della CGIL, che ha avuto tratti di squadristica violenza distruttiva a danno di uno dei capisaldi della democrazia nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro.
Risulta dalla sentenza del Gup di Roma (11 luglio 2022, dep. 5 ottobre 2022) che i camerati in jeans e felpa, dopo la tracotante pretesa di incontrare il segretario nazionale della Cgil – seguita da clamorosa e indisturbata marcia per il centro della capitale – avevano forzato porte e finestre della sede nazionale; avevano sopraffatto gli agenti di polizia; avevano devastato e distrutto documenti, manifesti, computer e altro materiale informatico del sindacato. La devastazione e il saccheggio sono stati addebitati anche ad aderenti dell’associazione Forza Nuova, dalla cristallina matrice fascista.
Nel suo comunicato della segreteria n. 16 del 17.4.2002 (pubblicata sul sito ufficiale di Forza Nuova www.forzanuova.org.) si legge: “Forza Nuova crede che per una vera ricostruzione nazionale e per una vera ricostruzione della coscienza di popolo, la Repubblica nata e basata sull’antifascismo militante, debba finire ed il Fascismo con le sue tesi e la sua dottrina debba ritrovare il giusto spazio nella storia e nella cultura del nostro paese” (la citazione è nella sentenza Cass. pen, sez.5, n.19449, dell’8.1.2010, Rv247132).
Meloni, quale segretaria del partito FdI, nell’immediatezza dei fatti, ha giudicato vergognose le immagini delle violenze e ha espresso solidarietà alla polizia e a Landini, ma ha affermato di non conoscere le radici politiche della devastazione e del saccheggio in danno del maggiore sindacato italiano e delle lesioni di 38 agenti di polizia, intervenuti in sua difesa. La stampa non ha mancato di rilevare che il prefetto di Roma, Matteo Piantedosi, ex capo di gabinetto del ministro dell’interno Salvini – in linea gerarchica responsabile in quel giorno dell’ordine pubblico – « avrebbe avuto ‘mano larga’ rispetto ai manifestanti che hanno spesso trovato l’appoggio della Lega » ( Claudia Fusani, Il Riformista, del 12.10.2021).
Il prefetto di Roma è oggi ministro dell’Interno e non risulta la pronuncia esplicita di dure condanne morali e politiche di questi fatti e dei loro protagonisti. Un’altra sentenza di condanna è stata pronunciata, con rito abbreviato, per i reati di devastazione e saccheggio dal tribunale di Roma; è in corso un processo con rito ordinario per gli stessi fatti nei confronti di altri esponenti di estrema destra.
La posizione del silenzio dell’area governativa nei confronti dell’impresa squadrista è tanto più ingiustificata alla luce delle dichiarazioni difensive di uno dei condannati, secondo cui: «la Polizia li aveva ‘spalleggiati’ e aveva detto loro ‘rompete tutto’» (pag. 12 sentenza del Gup di Roma). L’assenza di precisa smentita dei vertici della polizia e la mancanza di una precisa indagine amministrativa del governo (unitamente all’inerzia della magistratura) lasciano un vuoto di verità sulla genesi e sulla qualifica cronologica dell’impresa (fascismo storico, neo fascismo, fascismo eterno ?).
Nel rispetto della presunzione di non colpevolezza, la doverosa indagine avrebbe condotto a liberare da qualsiasi ombra i vertici statali, conformemente al generale principio costituzionale del dovere dei pubblici uffici di garantire l’ordine e la sicurezza dei cittadini e delle istituzioni, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Cost) .
«Le scene viste all’interno della CGIL di Corso d’Italia ricordano così tanto quelle postate a gennaio scorso dopo l’assalto a Capitol Hill…. Qualche analista immagina collegamenti internazionali con la galassia QANON, il movimento della destra radicale Usa, vicino a Trump che tentò di violare Washington Hill » ( C. Fusani, cit.).
Dopo l’esplosione contraria alla democrazia rappresentativa, avvenuta in Brasile, va esaminata l’ipotesi che esista un fenomeno internazionale di intolleranza delle forze politiche reazionarie rispetto ai risultati elettorali per loro negativi. Si può intravedere nei fatti del 9 ottobre 2021 un’aggressione politica interpretabile come un avvertimento, come un’anticipata manifestazione di intolleranza verso le regole della democrazia rappresentativa?